Quello che cerchi

quello che cerchi

quello che cerchiOpera prima del torinese Marco Simon Puccion, Quello che cerchi è stato spacciato erroneamente, secondo una calcolata quanto cinica strategia pubblicitaria, per un film no-global, quando invece è una delle tante opere giovanilistiche che all’analisi sociologica, spesso superficiale, mescola il racconto esistenziale con finale drammatico. Ma del resto il regista possiede certo più talento visivo che narrativo o di scrittura. A partire dalla voce off del protagonista, uno strano individuo a metà strada tra un vero investigatore e un disoccupato da commedia all’italiana che narra la propria storia (un attore che avevamo apprezzato nel difficile ruolo di Placido Rizzotto), non vi è dialogo che non sia nel segno della prevedibilità e il racconto si sfrangia in un pretestuoso road movie esistenziale in cui il ragazzo (un ribelle da centri sociali) e l’adulto, l’investigatore appunto, da antagonisti diventato amici e complici di una fuga che porterà alla morte di uno di loro, il più vecchio, che in tal modo avrà compiuto il proprio sacrificio, sacrificio necessario per la redenzione del ragazzo. quello che cerchiOssessionato dalle immagini video a bassa definizione, Puccioni gioca manipolandoli, credendosi forse un cineasta d’avanguardia, ma di un’età post-moderna, in cui appunto le immagini diventano sostanza della realtà, la sua materia virtuale. Inoltre la costruzione del personaggio principale risente fin troppo dell’influenza di certa detective story americana, senza tuttavia la scabra essenzialità di quest’ultima. I continui ammiccamenti all’almodovariano Tutto su mia madre, le citazioni ad altri film (lo scimmione abbattuto del Ciao maschio di Marco Ferreri) e la facile sociologia che si rifiuta di comprendere, ma si limita a mostrare squarci di vita quotidiana alternativa, intemperanze giovanili con sguardo un po’ distratto, sembrano dunque preparare il grande finale, unione di perentoria utopia, col giovane protagonista che sogna di liberare gli animali… Resta tuttavia al suo attivo una non comune sensibilità nella scelta di luoghi di un’Italia marginale e di una loro non ovvia rappresentazione. La Napoli dei Quartieri Spagnoli è tutta lì, in quel muro di tufo che si sfalda appena lo si tocca con la mano….


di Maurizio Fantoni Minnella
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