Exodus – Dei e Re

Rispetto a I dieci comandamenti diretto da Cecil B. de Mille nel 1923 e poi da lui ripreso nel 1956 in una nuova rilettura, il film di Ridley Scott Exodus – Dei e Re ha poco. Forse solo la lunghezza (il muto era di 136 minuti, il più recente di 220 minuti), i nomi dei personaggi, la voglia di kolossal. Per il resto, il settantasettenne regista britannico ha creato un film in cui le tematiche religiose non fanno parte dei suoi interessi e, quindi, ha trasformato ogni elemento in una vicenda in cui tutto è azione, dimenticandosi di quanto scritto nella Bibbia. Così facendo, ha realizzato un’opera in linea con Il Gladiatore (Gladiator, 2000), Le crociate – Kingdom of Heaven (Kingdom of Heaven, 2005) e Robin Hood (2010), privando dell’emozionalità che ha sempre contraddistinto la storia dell’uomo del grande esodo.

Diciamo che il regista, assieme ai suoi tre co-sceneggiatori, tra cui il premio Oscar Steven Zaillian, si è ispirato al Libro dei Libri trasformando i personaggi a suo gradimento.  Il Mosè interpretato da Christian Bale, visto (salvo che negli ultimissimi minuti) come giovane e baldanzoso, è un generale valoroso in battaglia, con un fisico da bodybuilder, grinta e determinazione, capace di fronteggiare con pari bravura i nemici sia nei combattimenti corpo a corpo che nei duelli verbali. Appare difficile riuscire a vederlo lontano parente del profeta balbuziente, avanti con gli anni che dell’umiltà fa la sua caratteristica principale. Non contesta Dio, accetta ogni cosa gli venga da Lui detta. Qui Bale è molto critico nei confronti del Messaggero che peraltro continua a contestare il suo operato chiedendogli sempre di più. Non accetta senza discutere, anzi, sembra quasi si voglia rifiutare di fare alcune cose.

Per contro, nel personaggio che impersona la voce del Signore Scott ha messo tutta la sua scarsa religiosità trasformandolo in un ragazzino petulante, saccente, a tratti sadico, che non sa cosa sia la pietà; sembra muoversi più per vendetta che per donare giustizia. È giusto che un autore, come è in realtà il regista di un capolavoro come Blade Runner (1982), abbia la libertà di interpretare e riscrivere quanto racconta, ma in questa occasione sembra spaesato e privo della capacità di sostituire la vicenda a tutti nota con un’altra diversa ma funzionale. L’impressione che si ha è che prevalga la sua anima di produttore che lo ha mal guidato nel dare troppa importanza alle scene d’azione privando il film di una sua anima, di una leggibilità non diciamo storica ma quantomeno logica.

Il film è dedicato al fratello Tony Scott a cui era molto legato e con cui aveva dato vita a produzioni molto interessante anche all’interno del cinema indipendente. Questa dolorosa mancanza l’ha privato di un consigliere che gli avrebbe forse evitato di fare alcuni errori.

Ha voluto realizzare un kolossal classico girato soprattutto ad Almeria e Pechina (Spagna) con l’utilizzo di 3500 comparse e poi a Fuerteventura nelle Isole Canarie con altri 1500 figuranti a libro paga per oltre due mesi. Non solo, ha fatto ricostruire nei Pinewood Studios di Londra spaccati dell’Egitto di quegli anni con risultati non esattamente esaltanti. A questo si aggiungano effetti speciali dell’ultima generazione che emozionano per la loro forza drammatica ma che non creano un vero riscontro emotivo nello spettatore che deve attendere la scena dello tsunami del Mar Rosso per risvegliarsi da un certo torpore.

Exodus – Dei e Re è spettacolare ma non avvincente, a dimostrazione che se manca la giusta ispirazione non bastano budget che sfiorano i 150 milioni di dollari per realizzare un film da ricordare.

Più che all’Esodo inserito nel Pentateuco, forse Scott si è ispirato a Il gladiatore con le sue caratteristiche da superuomo, che travalica la credibilità per entrare nel mito e con una costruzione familiare molto simile quanto fantasiosa per quel che riguarda Mosè (che nella Bibbia così non era proprio rappresentato). In ambedue c’è un padre (l’Imperatore e il Faraone) che predilige il figlio non del proprio sangue, alimentando invidie e rancori che portano ad una lotta senza tregua. È un tema che per Ridley ha moltissima importanza.

Spogliata del contenuto sacro, la vicenda raccontata non trova una chiave differente che possa degnamente sostituirlo. Anche la scena dei Dieci Comandamenti è utilizzata in maniera marginale e priva di efficacia, lasciando monca tutta la vicenda di uno dei punti di maggiore importanza.

La costruzione delle sequenze di massa e di battaglia sono innegabilmente bene realizzate, ma insufficienti a donare vera drammaticità. La scena nella quale Ramses e le sue truppe inseguono gli Ebrei in fuga sembra tratta di peso da tanti film precedenti, con la biga che corre su sentieri stretti e pericolosi, con inquadrature delle ruote che prima o poi cederanno o andranno fuori percorso.

Quello che fa sperare nella possibilità che Scott ci doni film migliori è la perfezione estetica delle immagini con una bellissima gamma cromatica che soprattutto nella prima parte è l’unica protagonista interessante di un’ora con pochi spunti. Ma anche la cura dei costumi, le scenografie, le musiche di Alberto Iglesias sono valide. Il problema è che, tutte assieme, non riescono a creare un’opera composita, che valga lo sforzo di una visione di due ore e mezzo.

Il britannico Christian Bale, ottimo Batman ne Il cavaliere oscuro – Il ritorno (The Dark Knight Rises, 2010) di Christopher Nolan, è bravo anche se la sceneggiatura non lo aiuta a rendere indimenticabile il suo personaggio. Il Ramses dell’australiano Joel Edgerton è una figura monocorde priva di problematiche  esistenziali ed apparentemente è più riuscita anche se l’attore non tenta mai di dare un minimo di spessore a questo capriccioso e poco dotato combattente.

Non si capisce la ragione di avere coinvolto attori di ottimo livello quali John Turturro,  Sigourney Weaver e Ben Kingsley senza fornire loro personaggi ben delineati: sono irriconoscibili fisicamente e invisibili come importanza nella narrazione.
Tra i molti problemi distributivi che sta affrontando, vi è anche il divieto di programmazione di Egitto e Marocco a causa di manipolazioni giudicate intenzionali della vicenda biblica, nonché per l’accusa di sostegno all’ideologia sionista. Il film è stato criticato anche per l’assegnazione ad attori occidentali di personaggi egiziani e nordafricani.

TRAMA

Mosè, dopo esser stato esiliato, riceve l’investitura ufficiale di Dio che gli appare sotto le sembianze di un ragazzo e gli ordina di portare in salvo il suo popolo. Per convincere il Faraone a lasciarli partire, Dio lo aiuterà con le piaghe che risparmieranno gli ebrei ma si abbatteranno sulle genti d’Egitto. Gli schiavi iniziano sotto il suo comando l’esodo fino al passaggio del Mar Rosso che si apre di fronte al bastone di Mosé per far passare il popolo eletto verso la Terra Promessa e si richiude sulle armate del Faraone giunte per sterminarli; il tutto portando con sé le Tavole della Legge e l’Arca dell’Alleanza.


di Redazione
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