Incontro con Roberto Andò e il cast di Viaggio segreto

Viaggio Segreto

Viaggio SegretoCome è avvenuto l’incontro con il libro di Josephine Hart?

Salvatore Marcarelli, il mio sceneggiatore, aveva letto il libro Ricostruzioni della Hart ed io vi ho riconosciuto, subito, un tema che mi interessava molto e un’atmosfera che mi consentiva un tradimento, pur restando fedele alla sostanza del libro. Così, l’Irlanda del libro è diventata la Sicilia: in ogni caso, si tratta di luoghi separati, di forte identità e di forte orgoglio. L’incontro con il libro della Hart è stato per me molto toccante per il grandissimo tema che contiene: come si sopravvive al dolore e alla catastrofe.

E’ stato difficile affrontare un tema così delicato?

Il libro, e il film, toccano temi che sono, anche, fantasmi: il sesso parentale, l’amore esclusivo tra fratello e sorella, argomenti che portano con sé, ancora oggi, dei retaggi che mi sorprendono. C’è, nel film, l’immagine della foto dei fratelli che dovrebbe restituire la complessità di un rapporto: la loro intimità non riguarda il fisico. E’ banale parlare di incesto, c’è qualcos’altro: due persone, rimaste sole, si danno la mano e camminano insieme. A me non interessa l’incesto, ma il congedarsi di un fratello e di una sorella che hanno viaggiato insieme.

Tutte le figure maschili del film sono molto protettive. Perché?

In verità, il padre, con la sua scelta, condiziona pesantemente la vita del figlio . Nel libro della Hart c’è totale corrispondenza tra genitore e figlio, nel film, ad un certo punto, il figlio è anche liberato dal mandato paterno: quando il padre gli restituisce l’orologio, gli restituisce, simbolicamente, il tempo. Bisogna anche mandare a benedire i genitori… “Sei sicuro che è stata la scelta giusta?” – la domanda di Leo al padre è l’interrogativo di una vita intera.

Il suo film evoca, per certi aspetti, Conversazioni in Sicilia di Vittorini. C’è qualche legame?

Conversazioni in Sicilia è un libro che ho amato molto perché, anche lì, c’è un personaggio che incontra vivi e morti. E’ anche il tema che propone il mio film: il tema della memoria. Mi interessava molto l’idea di un uomo, custode di un segreto, che, in Sicilia, ritrova la capacità di emozionarsi: il viaggio è un ritorno alle emozioni. Anche la psicoanalisi mi ha sempre interessato: credo che i primi dieci anni di vita siano quelli in cui accade tutto. Bertolucci afferma una cosa molto vera quando dice che il cinema non è altro che la riproduzione della scena primaria. Tornando al mio film, nella vita non ci sono protocolli e il giudice e l’analista, contraddicendo le regole, permettono alla sorella di salvarsi.

Come è stato il lavoro con gli attori?

Ho scoperto, con gli attori italiani, una corrispondenza che mostra come il cinema italiano abbia uno star system non da cassetta, ma fatto di volti, di bravura. Per me, tutto questo è stato vero motivo di gioia e mi piacerebbe lavorare con loro anche a teatro.

E gli attori come hanno costruito i propri personaggi?

Alessio Boni: Mi sono comportato come uno strumento, mi sono lasciato “suonare”, anche perché Roberto aveva in mente una nota ben precisa: voleva un personaggio sprofondato nel dolore, quasi ingabbiato. Personalmente, ho in comune con Leo una certa timidezza e riservatezza. Per il resto, ovvio che libro e film siano diversi, ma Viaggio Segreto ha colto, secondo me, l’essenza del libro.

Valeria Solarino: Ho cercato di fare al meglio ciò che mi veniva richiesto: rappresentare una donna che è donna suo malgrado. Il mio personaggio è come se fosse rimasto una bambina, o un bambino: vive protetta da suo fratello che le fa da padre e da madre. Lei non è cresciuta, per questo è normale, per lei, abbracciare, nuda, il fratello. C’è, nella sua vita, un trauma che lei non ricorda ma che l’ha costretta a non crescere.

Claudia Gerini: Mi affascinava molto questa donna e l’idea di interpretarla come un personaggio libero da tutto, anche dal ruolo di madre. Il film è, anche, il racconto di una grande passione, quasi di un’ossessione erotica, ma il mio personaggio ha, comunque, una sua innocenza. Non è stato difficile: ero molto in contatto con il mio personaggio e con la sua disperazione. Anche le scene in cui sono nuda sono parte integrante del racconto, perché, poi, c’è la visione da parte dei figli, quindi sono scene tutt’altro che gratuite.

Donatella Finocchiaro: Finalmente un personaggio solare! I registi, di solito, vedono in me sempre un lato malinconico… Quando Roberto mi ha detto: “Questa donna porta una luce, una speranza nella vita del protagonista”, sono stata molto contenta. Si tratta sempre, comunque, di una solarità contenuta: volendo, posso essere anche più solare…


di Mariella Cruciani
Condividi