Marie Antoinette

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marieantoinette-coppolasofiaUna giovane donna sfarzosamente vestita sale lungo un’ampia scalinata gremita di persone. La folla si apre per lasciarla passare, tutti gli occhi sono puntati su di lei. Le brevi soggettive ci mostrano volti truccati e imbellettati sormontati da vistose parrucche, che sembrano contendersi lo spazio nell’inquadratura, ma soprattutto sguardi curiosi, quasi indagatori. La ragazza, che sembra vincere l’imbarazzo e la tensione con un sorriso, ha il viso di un’adolescente. E’ la futura regina di Francia Maria Antonietta, appena giunta a Versailles da Vienna. Prima di arrivare a corte, in un padiglione posto simbolicamente a confine tra le due grandi potenza europee, la ragazza è stata completamente spogliata e rivestita con abiti francesi. Ha detto addio alle sue amiche e compagne di viaggio, il piccolo cagnolino che stringeva al petto le è stato portato via con forza perché il suo passato, le sue radici austriache, devono essere cancellate per lasciare posto al suo futuro. Il matrimonio col delfino di Francia è prossimo.
Ma Sofia Coppola non vuole raccontare la storia dei manuali, quella di una donna simbolo di una realtà socio-politica determinata: dei grandi eventi storici della fine del Settecento e di tutto ciò che ne consegue, dal punto di vista sociale e culturale, nella Versailles di Coppola arriva soltanto un’eco confusa. Tuttavia la marginalità del contesto socio-politico del film appare sempre come una scelta voluta e consapevole; la Maria Antonietta che affascina la regista non è la donna di potere ma piuttosto l’adolescente confusa, stupita, che cerca di destreggiarsi in un mondo nuovo e complicato, consapevole di essere, volente o nolente, strumento di una grande alleanza politica, quella tra la Francia e l’Austria.

< Il volto di Kirsten Dunst, già attrice nel primo film della Coppola, è ancora il volto di Lux, la “vergine suicida” che gioca con le sorelle nel giardino davanti casa, incuriosita dall’amore che ancora non conosce. Il mondo adolescenziale tutto femminile descritto con acume e ironia nel primo film della regista americana ritorna qui per fondersi col kitsch esasperato della Versailles settecentesca, in un’esplosione di colori brillanti. I fotogrammi fissi che si susseguono rapidamente sullo schermo accompagnati dalla colonna sonora rock inquadrano intere collezioni di scarpe variopinte e decorate, piatti e dolciumi elaborati e coloratissimi. La dimensione magica e luccicante in cui la giovane Maria Antonietta si culla è quella di un’adolescente moderna, le scene richiamano le fotografie patinate degli attuali giornali di moda. E’ questo il mondo in cui la ragazza si consola per sfuggire a quello quasi claustrofobico della Versailles di Luigi XV: le giornate a corte sono scandite da una moltitudine di cerimonie e rituali, che visti cogli occhi di lei, appena arrivata, appaiono ridicoli quanto insensati.

La monotonia della vita di Maria Antonietta è qua e là interrotta dai divertimenti mondani: l’opera a Parigi e i festeggiamenti a corte, che diventano man mano sempre più frequenti. Lo sfarzo e gli sprechi, che sono la regola, a Versailles vengono raccontati attraverso gli occhi estasiati della ragazza: la descrizione che la regista ne fa supera da subito i confini del ritratto storico, per divenire, in senso più ampio, il ritratto di un’adolescente, dei suoi pensieri, delle sue paure. Tuttavia lo sguardo divertito di Sofia Coppola non è mai impietoso, è uno sguardo dolce che sa descrivere con delicatezza un mondo quasi chiuso in sé stesso, quello di Versailles appunto, con soluzioni stilistiche nuove e contaminazioni originali.

Al suo terzo lungometraggio la regista sceglie di misurarsi con un personaggio storico, in un film in costume che tuttavia scivola con leggerezza oltre i confini del cinema di genere, e diviene così un’opera nuova e personalissima. Le ambientazioni a tinte forti che spesso fanno da sfondo alle descrizioni filmiche dei grandi personaggi storici lasciano qui il posto ad un’atmosfera più fresca e limpida. L’uso del colore, la descrizione dei paesaggi naturali, la cura nella scelta delle inquadrature: tutto concorre a comporre un film dove la bellezza delle immagini non viene mai sfoggiata in senso estetizzante, ma semplicemente resa funzionale alla narrazione. Del popolo parigino che assalterà infine la reggia non verranno mai raccontati né i volti, né la povertà, né il peso nel quadro sociale e storico di un’epoca piena di tensioni e nuovi fermenti. Il mondo resta fuori dai cancelli di Versailles, e questo permette alla regista di comporre un ritratto intimo, non pubblico, della regina; un ritratto che la pone, in qualche modo, al di fuori del giudizio della storia.


di Arianna Pagliara
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