La febbre

dalatri-lafebbre1“Un western violento e ironico: la sfida di un giovane contro il sistema”. La definizione data dalla stesso Alessandro D’Alatri per La febbre è, probabilmente, un po’ eccessiva e impegnativa: Mario Bettini (Fabio Volo), il protagonista della storia, è, in realtà, alle prese con se stesso e con il superamento dei modelli familiari.
Se tutti, o quasi, possono riconoscersi nella pesantezza quotidiana che il giovane geometra vive con la madre, autoritaria, possessiva, gelosa, o nella difficoltà di far proprie le aspettative paterne, meno verosimile appare l’odio del capo-ufficio nei confronti del povero Bettini.

In una delle sequenze più originali e divertenti del film, il defunto genitore (Cochi Ponzoni) del giovane geometra appare al figlio, staccandosi dal famoso Quarto Stato di Pelizza da Volpedo, e mette in guardia l’amato rampollo: “se l’invidia fosse febbre, tutto il mondo ce l’avrebbe”! Se l’ostinazione del capo-ufficio risulta non del tutto credibile, altrettanto effimero è il personaggio di Linda (Valeria Solarino), studentessa e cubista, al quale è affidato il difficile compito di rappresentare la tenacia e la speranza nei propri sogni e desideri.

Tutta la parte in cui il regista si sofferma sul legame che sta nascendo tra i due giovani si risolve in immagini da pubblicità o videoclip, rendendo l’intero insieme fintamente accattivante. Buono, invece, il finale, preceduto dal significativo incontro con il Presidente, in cui l’incerto Bettini riesce, finalmente, a riconoscere i propri bisogni e realizzarli. Il Presidente (Arnoldo Foà) incarna per Bettini il Padre autorevole, ma non autoritario, tanto inseguito, ed ora, raggiunto: una sorta di compensazione al simpatico e sventato padre vero che getta i suoi soldi per assicurare al figlio un presunto futuro felice. Resta da ricordare la colonna sonora, che spazia da Mascagni a Verdi, fino ai Negramaro: anche in questo caso, D’Alatri sceglie di subissare di stimoli lo spettatore, coinvolgendolo quasi a forza, ma togliendogli, così, il silenzio, e lo spazio, necessari alla riflessione.


di Mariella Cruciani
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