Il passato è una terra straniera

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passato_terra_straniera_-_vicariTra i film italiani in concorso al Festival Internazionale del Film di Roma c’era anche Il passato è una terra straniera di Daniele Vicari, tratto dall’omonimo romanzo del magistrato e scrittore barese Gianrico Carofiglio, pubblicato nel 2004. Iniziamo proprio dalla forte significatività del titolo: oggi, Giorgio (Elio Germano) è un affermato magistrato; del suo presente sappiamo soltanto questo, ma è il suo controverso passato che richiama lo sguardo del regista e va a occupare la quasi totalità del film. Un passato che diviene un vero e proprio luogo da allontanare e rimuovere ad ogni costo, una terra, appunto, straniera, cui non fare più ritorno. Infatti, dopo le prime immagini che mostrano Giorgio nel suo decoroso ruolo di magistrato, si passa rapidamente a qualche anno prima e vediamo un ragazzo come tanti altri: studente modello di giurisprudenza prossimo alla laurea, appartenente a una famiglia della media borghesia, con una fidanzata carina, anche se piuttosto viziata e capricciosa. Ma evidentemente tutto questo a Giorgio non basta; è come se la situazione in cui si trova gli andasse stretta e l’occasione per uscirne gliela offre l’incontro “insolito” (nel corso di una rissa) con il coetaneo Francesco (Michele Riondino), esperto giocatore di poker, ma soprattutto navigatissimo baro. Così in breve tempo Giorgio, dopo alcuni timidi richiami a principi di ordine morale, accantonati famiglia, studi e fidanzata, diviene socio – complice – di Francesco: i due decidono di fare “coppia fissa” e possono, per così dire, coltivare il loro talento, dedicandosi interamente al gioco d’azzardo e guadagnando molto denaro. Il teatro delle loro attività si divide tra Bari e, in misura minore, Barcellona, dove i due giovani, motivati da più ampie logiche “imprenditoriali” e dalla brama di avere sempre di più, si recano per ritirare un massiccio quantitativo di cocaina, da far girare poi nell’hinterland barese. Del capoluogo pugliese vengono restituiti soprattutto scorci notturni all’insegna di un blu scuro e ostile; mentre le partite di poker si svolgono tanto in interni umili e popolari, quanto in fastose ed eleganti sale da gioco. Il film, pur dando ampio spazio a Francesco, è tutto incentrato su Giorgio: questi raramente esce dal campo visivo e, anche quando non è presente, ciò che viene inquadrato corrisponde non di rado a soggettive dello stesso personaggio. La macchina da presa lo segue costantemente, tuttavia il regista sembra quasi lasciarlo agire, senza evidenziare atteggiamenti di approvazione o disapprovazione, così come non sembra nutrire per lui particolari sentimenti di simpatia o antipatia. D’altronde ne Il passato è una terra straniera è difficile stabilire una classifica di buoni e cattivi: lo stesso squilibrato Francesco non appare poi così lontano da Giorgio e si presenta più che altro come un suo doppio naturale, più animalesco, più vorace. E se è Francesco ad apparire il più “cattivo”, è anche vero che sarà Giorgio a consumare la violenza più aberrante, quella che manifesta nella scena dello stupro di una cameriera spagnola, quando la parte più feroce della sua personalità viene acuita dell’assunzione di droga: il tutto efficacemente rappresentato con l’uso di immagini sfocate che riflettono anche la confusione mentale del protagonista. Il quale, tuttavia, cerca alla fine di compiere una sorta di atto riparatore, in qualche modo redentore, per recuperare così la propria dignità e umanità: dopo aver salvato una ragazza da un tentativo di stupro compiuto da Francesco, e dopo una definitiva resa dei conti tra i due giovani, si lascia picchiare brutalmente dalla polizia sino a quando non viene scagionato dalla ragazza stessa.
Come nei precedenti Velocità massima e L’orizzonte degli eventi, Vicari porta sullo schermo personaggi fondamentalmente soli, dalle identità frammentarie, moralmente deboli, che cercano di raggiungere qualcosa di non ben definito senza tenere conto delle conseguenze delle loro azioni, degli effetti anche drammatici che possono ricadere sugli altri. E come nei film sopracitati, anche qui è presente il tema della coppia, nel senso di un incontro tra due individui, dapprima ambiguamente vicini e poi destinati a brutali rotture. In quest’ultimo film, inoltre, Germano condivide con il Mastandrea di Velocità massima e de L’orizzonte degli eventi lo stesso approccio precario e immaturo con l’altro sesso; un approccio, cioè, all’insegna di una carnalità alquanto forte (la scena dello stupro ne rappresenta la deriva più brutale), ma che non prevede, o meglio rifiuta, ogni coinvolgimento emotivo.


di Leonardo Gregorio
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