Changeling

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changeling-eastwoodDa tempo sosteniamo come lo spessore creativo e registico del cinema di Clint Eastwood sia di livello elevatissimo. Certamente l’attore/cineasta americano, ormai quasi ottantenne, ha metabolizzato in modo egregio e personale la grande lezione del cinema americano di qualità, e anche in parte quella di Sergio Leone. Il suo cinema può ormai essere definito classico: nell’impostazione formale, nella struttura narrativa, nella direzione degli attori, nel respiro romanzesco del racconto. Eastwood da anni sforna opere la cui compiutezza espressiva è assolutamente palese, incontrovertibile. Changeling è l’ennesima prova della sostanza contenutistica della sua poetica, concentrata ormai da molto tempo su un’analisi spietata e acuta della società americana.

Non bisogna fare l’errore, riguardo questo suo ultimo lungometraggio, di limitarsi a elencare i fattori superficiali innestati nella trama. Changeling è certamente una sorta di thriller/giallo emozionale, di storia sui sentimenti materni negati, di angosciosa parabola sulla condizione femminile negli USA degli anni venti/trenta. Ma è anche molto di più. È un’opera lucidissima sul potere, sull’arroganza del sistema politico e burocratico, sulla corruzione, sulle contraddizioni di un paese fortemente moralistico e paternalistico che usava (e usa) la pena di morte come brutale strumento di pulizia sociale. Per tutti questi motivi, Chageling possiede delle chiare connotazioni kafkiane. La protagonista rimane vittima di un ingranaggio che non le da la possibilità, non solo di esprimere le proprie opinioni, ma addirittura di quasi di esistere. Gli USA sono visti da Eastwood come un grande pericoloso contenitore di impulsi contrastanti, nel quale i ruoli sono confusi e conta solo la gestione di uno spazio di potere. La sua regia è chiara, nitida, fluida e le sue inquadrature di una solidità straordinaria. Non c’è mai compiacimento estetizzante nelle sue immagini, tranne che in alcuni primi piani dedicati a Angelina Jolie, forse un po’ troppo leccati. Ma si tratta solo di piccoli insignificanti nei nell’ambito di un’operazione filmica che può essere considerata a tutti gli effetti una perfetta lezione di cinema.


di Maurizio G. De Bonis
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