Bling Ring

Ancora una volta Sofia Coppola pone al centro della sua riflessione l’universo complesso dell’adolescenza, che da sempre ha saputo indagare con grazia e perspicacia. Ispirandosi ad un caso di cronaca, la regista racconta nel suo ultimo film le vicende di un gruppo di ragazzi che si introduce nelle  lussuose e  immense ville delle star di Los Angeles per rubare oggetti preziosi. Lo scopo dei furti tuttavia non è solo – o forse non è affatto – quello di arricchirsi, ma piuttosto quello di possedere degli oggetti-feticcio (scarpe, borse, orologi) che appartengono ai divi idolatrati e ammirati da questi insoliti, giovanissimi rapinatori, tremendamente affascinati e ammaliati dal mondo sfavillante e sfarzoso delle star.

Le protagoniste del film (la banda, chiamata Bling Ring, è composta quasi esclusivamente da ragazze) hanno perso definitivamente l’innocenza e il candore stranianti delle vergini suicide del primo lungometraggio della Coppola, e si muovono in un mondo disincantato e vacuo che in parte rispecchia tristemente il loro modo di sentire e di essere. Non si tratta più di un giusto e sano tentativo di ribellione alle assurde regole dettate da genitori follemente restrittivi, ma di azioni compiute per il puro gusto di una trasgressione fine a se stessa, che rivela l’abisso di superficialità e il vuoto di valori in cui le ragazze sono cresciute. C’è poi una sostanziale, implicita identità tra le protagoniste e i loro idoli: basta pensare che una di loro si ritroverà in carcere proprio con Lindsey Lohan, una delle star derubate dalla banda. L’essere famosi è la prima e sola qualità che le ragazze cercano nei “modelli” a quali guardano.

Del resto, né le famiglie né la scuola offrono un’alternativa praticabile: la madre della giovane Nicki (quest’ultima interpretata da un’eccellente Emma Watson), persa in un suo mondo interiore, è completamente scollata dalla realtà; a scuola chi non veste alla moda non ha speranze di ottenere la tanto agognata “popolarità” sinonimo di successo su ogni fronte.

Sofia Coppola costruisce insomma un quadro sociale e culturale preciso e nitido, sforzandosi di mantenere con le protagoniste una certa empatia ed evitando di giudicare e condannare le loro azioni. A ben guardare, ad essere condannabile è anzitutto ciò che loro hanno attorno, un contesto descritto con efficacia e attenzione nel suo ambiguo ed esile fascino e nei suoi lati più oscuri (la sconcertante vacuità, l’estrema superficialità, la totale assenza di qualsiasi traccia di consapevolezza etica e morale).

Decisamente più dinamico rispetto a Lost in Traslation e Somewhere, meno “incantato” del magnifico Il giardino delle vergini suicide e meno dolce e giocoso del riuscito Marie Antoinette, Bling Ring sfoggia – come è consono per la Coppola – una grande cura nei dettagli scenografici; tutti i giovanissimi interpreti danno vita a personaggi estremamente credibili e in generale l’approccio della regista appare rinvigorito e fresco. Quello che viene fuori dalla sua riflessione, costruita con tatto e con riguardo per quella dimensione adolescenziale che da sempre la affascina, è tuttavia un panorama amaramente sconfortante. L’adolescenza ai tempi di internet appare ancora più pesantemente condizionata dai valori distorti e pericolosi di questa effimera società dell’apparire dominata da un malsano voyerismo (pensiamo alle inquadrature ricorrenti sulle pagine di facebook e alle suggestive scene della villa dalle pareti di vetro inquadrata da lontano).

Le protagoniste agiscono senza consapevolezza, chiuse in una sorta di spaventoso “autismo” interiore, incapaci (e in parte impossibilitate) a leggere la realtà per ciò che è, ossessionate dai fatui miti di sempre (bellezza, denaro, successo), stordite dalle droghe, in assenza di qualsiasi prospettiva etica, sopraffatte da una cieca volontà di omologazione, in una quotidianità in cui ogni slancio di allegria presto si stempera in un sotterraneo e forse inconscio nichilismo. Ma il punto di forza di Bling Ring è proprio lo sguardo autoriale e personale della Coppola, che anche di fronte a una materia di questo tipo riesce a mantenere intatta quella levità e quella delicatezza che da sempre la caratterizza.

TRAMA

Storia di una banda di giovanissimi criminali nella Los Angeles contemporanea. Il film è incentrato su una vicenda realmente accaduta nelle colline di Hollywood.


di Arianna Pagliara
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