Una promessa, molte incertezze – Editoriale Presidente SNCCI

Pubblichiamo un editoriale di Franco Montini sul nuovo disegno di legge in materia di cinema messo a punto dal Governo Renzi.

Non era mai accaduto che il capo del governo si esponesse in maniera così esplicita promettendo il proprio diretto e personale impegno per giungere in tempi brevi all’approvazione di un nuovo disegno di legge in materia di cinema. E’ accaduto lo scorso 28 gennaio quando il premier Matteo Renzi ha convocato a palazzo Chigi un ristretto gruppo di registi premi Oscar (Benigni, Bertolucci, Sorrentino, Tornatore) per illustrare agli ospiti, insieme al ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini, la filosofia di un nuovo provvedimento messo a punto dal governo.

Pur nella forma discutibile della politica spettacolo, ormai imperante nella realtà italiana e non solo, l’esposizione mediatica di Renzi sulla legge cinema indurrebbe ad un certo ottimismo: che dopo tante promesse non mantenute e dopo anni, troppi anni di attesa, oltre 50, sia davvero arrivata la volta buona? Il condizionale è inevitabile perché in questo momento esistono due diversi, e per alcuni versi contraddittori, disegni di legge, provenienti oltretutto dalla stessa area politica, il PD, e, più in particolare, proprio dalla componente renziana del partito. Il ddl governativo, presentato il 28 gennaio, infatti, si è andato ad affiancare ad un precedente ddl già in discussione presso la Commissione Cultura del Senato, di cui primo firmatario è la senatrice Rosa Maria Di Giorgi, già chiamata dall’allora sindaco di Firenze Matteo Renzi a far parte della sua giunta con delega all’Educazione, alla Legalità e ai Rapporti con il Consiglio Comunale.

Sul ddl Di Giorgi, in un’apposita audizione, come riferito nel precedente numero di Cinecritica, il SNCCI ha espresso un parere positivo, individuando una serie di interessanti novità, a cominciare dall’introduzione di un prelievo di scopo da applicare a tutti i soggetti che utilizzano il cinema, televisione, home video, rete, provider, telefonia, traendone indubbi vantaggi economici, senza essere assoggettati ad alcuna contropartita. In questo modo, sul modello di quanto avviene in Francia, il cinema potrebbe autofinanziarsi con la creazione di un tesoretto di risorse da distribuire a tutta la filiera ed in particolare alla realizzazione di cinema di qualità, ovvero al segmento di produzione più emarginato dal mercato. Su questo specifico punto il ddl Franceschini, pur prevedendo un sostanzioso aumento delle risorse pubbliche per il settore audiovisivo, con una soglia minima di 400 milioni di euro annui, più del doppio rispetto a quanto attualmente a disposizione, non prevede un prelievo aggiuntivo per i soggetti che beneficiano di proventi tramite il cinema, bensì la destinazione al settore cinema di una quota dell’Ires e dell’Iva versate dai broadcaster e dalle aziende del settore video e telefonico. Di fatto non sarebbero le imprese a sostenere il cinema, ma lo Stato, rinunciando ad una parte delle sue entrate.

Quanto all’assegnazione di suddette risorse, il ddl governativo prevede un automatismo determinato in base ai risultati ottenuti precedentemente dalle singole imprese e riservando solo il 15% del totale a contributi selettivi, destinati a nuovi autori, esordi, opere sperimentali. Di fatto si tratta di un meccanismo che favorisce la produzione più commerciale, penalizzando le piccole e medie imprese. La filosofia di questo provvedimento nasce dalla convinzione che la crescita industriale del settore favorirà la varietà delle tipologie produttive e l’innovazione di generi e linguaggi. Ipotesi tutta da dimostrare e in ogni caso bisognosa di tempi quanto mai lunghi. Invece la filosofia del ddl De Giorgi sembra essere indirizzata ad aiutare prevalentemente imprese ed autori emergenti, nella convinzione che i poteri forti del cinema siano già sufficientemente tutelati e possano trovare le necessarie risorse confrontandosi sul mercato. In qualche modo si ripropone la querelle già affrontata quando si è voluto giustificare la diminuzione dell’intervento diretto dello Stato nella produzione perché nel frattempo per le imprese venivano aumentate le possibilità di recuperare risorse tramite il meccanismo del tax credit. Il risultato è che le produzioni commercialmente più forti hanno effettivamente goduto di maggiori benefici, ma, al contrario, il cinema più difficile è stato penalizzato, perché le aziende interne ed esterne al settore sono inevitabilmente portate ad investire su un film che ha potenzialità di incasso, piuttosto che sull’opera prima di un regista esordiente o comunque su un film destinato ad una programmazione di nicchia. Ma è proprio da questa produzione di qualità, sempre più spesso in bilico tra finzione e documentazione, che, come dimostrano molti esempi recenti, può emergere un autentico rinnovamento della cinematografia nazionale.

Inoltre nel ddl Franceschini ci sono altri aspetti poco convincenti: la legge fa riferimento al settore audiovisivo senza alcuna distinzione fra cinema, televisione, perfino videogiochi e il rischio in questo caso è che la maggior parte delle risorse e delle agevolazioni previste, finiscano poi per premiare soprattutto i comparti più forti a discapito del cinema. A ciò si aggiunga il fatto che il provvedimento affida la governance del settore ad un nuovo ente, denominato Consiglio Superiore, i cui membri, per nove decimi, sono di nomina governativa ed uno soltanto espressione delle categorie. Il rischio di un eccessivo controllo statale è indubbio.

Queste annotazioni non vogliono rappresentare un giudizio definitivo sui progetti in discussione, anche perché si è ancora in fase di rapide e possibili evoluzioni e molti aspetti dei due ddl sono rimandati all’approvazione di decreti attuativi di là da venire. Una cosa, tuttavia, è certa: l’occasione di una nuova legge cinema non deve essere sprecata. Da qui la necessità di un provvedimento concepito nel miglior modo possibile. Come SNCCI ci piacerebbe contribuire con qualche suggerimento alla realizzazione di un testo davvero utile.

ps. Intanto, come tutte le associazioni del settore, i festival, gli organizzatori di attività culturali e promozionali in Italia e all’estero, siamo molto preoccupati dal fatto che la modulistica per la richiesta delle sovvenzioni 2016, a metà marzo, non sia ancora disponibile sul sito del Ministero. Più volte abbiamo sostenuto e ribadito che le assegnazioni a festival, rassegne ed iniziative varie dovrebbero essere comunicate entro i primi due mesi dell’anno per consentire agli organizzatori di lavorare con serietà. Il fatto che la data di scadenza delle domande, solitamente fissata al 31 dicembre dell’anno precedente, per ciò che concerne il 2016, non sia stata ancora annunciata, fa pensare che anche le decisioni dell’apposita commissione e l’assegnazione delle risorse sarà ulteriormente procrastinata rispetto al solito, con ulteriore danno per tutti. In questo caso l’augurio è di essere cattivi profeti.


di Franco Montini
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