Il cinema di Aki Kaurismaki

Il Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani (SNCCI) e il Festival del Cinema Europeo hanno organizzato a Lecce, il 12 aprile 2013, un Incontro intitolato Il cinema di Aki Kaurismäki, in occasione della retrospettiva dedicata dal Festival stesso al regista finnico. L’Incontro è stato introdotto da due brevi relazioni di Bruno Torri e Massimo Causo, coordinatori dell’iniziativa. Torri ha tracciato un rapido profilo di Kaurismäki, indicando come componenti essenziali del suo cinema “il rigore dello stile, la coerenza morale, la rilevanza contenutistica che ne fanno un autore nel senso più pregnante del termine, anche in quei suoi film imparentati con determinati generi cinematografici”. Ha inoltre messo in luce la speciale attenzione sempre mostrata dal regista per “un particolare universo umano, quello popolato dai reietti, dagli sfruttati, dagli esclusi, insomma da tutte le persone vessate dal destino che spesso, come esplicitamente o implicitamente rivelano i suoi film, è soltanto il portato di una società ingiusta e violenta, cioè, del potere capitalistico”. Torri ha concluso affermando che “lo sguardo di Kaurismäki sa fissare con occhio apparentemente neutro l’orrore sociale, ma sa anche scorgere il persistere della dignità umana, i soprassalti della coscienza, l’ansia di riscatto. E tutto questo attraverso la sua personalissima scrittura cinematografica: una scrittura essenziale, constatativa, realistica e tuttavia non priva di un alone fiabesco; una scrittura del tutto priva di ammiccamenti e ridondanze, accompagnata a tratti da una venatura ironica che serve a stemperare la visione pessimistica della vita, colta nel suo normale accadere, che i suoi film, oggettivamente, sembrano suggerire”.

A sua volta, Massimo Causo – curatore della suddetta retrospettiva – ha saputo conciliare sinteticità e approfondimento critico tracciando un ritratto di Kaurismäki centrato principalmente sul particolare umanesimo del regista, sulle sue scelte espressive e sulle ascendenze cinematografiche che queste stesse scelte lasciano trapelare. “La dolcezza con cui si può parlare del cinema di Aki Kaurismäki – ha detto Causo – è la prova provata della sua altezza effettiva: è semplice raccontare dei suoi film così lievi e disperati, quasi gioioso il confronto con il gioco di destini affranti dall’essere essi umani, troppo umani, eppure appesi alla grandezza dei sentimenti e delle venture. Gli elementi che agiscono nella mitologia disincantata di Aki Kaurismäki sono frammenti di eterne pulsioni esistenziali e antichi sbattimenti della Storia: il viaggio come traiettoria del ritorno impossibile, l’amore come smarrimento dell’individuo nell’altro, il tradimento come immagine rovesciata delle speranze, la colpa come incarnazione del destino. Ogni cosa, in Kaurismäki, gioca con il valore altissimo e assoluto dell’Uomo”. Causo ha proseguito affermando che “Kaurismäki non tralascia veramente mai di considerare la necessità dello spirito delle cose e degli esseri, il valore intrinseco del destino che unisce il singolo a ogni altro singolo per tradurlo in Umanità. Il bello è che il suo cinema è tutto fuorché spirituale, tiene tutto ben orizzontale nella certezza che è lì, sul piano terreno, che va scoperchiata e amata l’altezza dell’Uomo”. In conclusione del suo intervento Causo ha osservato che “Kaurismäki si nutre di Cinema senza darlo a vedere: come Fassbinder, nasce allo schermo prima e dopo di qualsiasi citazionismo di quegli anni ’80 da cui pure è scaturito, perché cita a piene mani non per gioco o esibizione, ma per bisogno o inibizione. Vietare alla volgarità della realtà, del presente, di impadronirsi del suo sguardo, tenendolo ancorato alle matrici antiche e moderne del pensiero che filma: nouvelle vague, noir, road movie… Renoir, Ullmer, Melville, Godard, Lumière, Murnau, Bresson, Ozu”.

Ha infine preso la parola Kaurismäki il quale, muovendo da quanto detto da Torri e Causo e, ancor più, rispondendo alle molte domande provenienti dal (numeroso) pubblico, ha parlato della sua formazione culturale, della sua concezione del cinema, della sua posizione etico-politica. Con generosa disponibilità al dialogo, e non disdegnando qualche accento paradossale, Kaurismäki ha ricordato i suoi scrittori preferiti letti da giovanissimo (in primis Gogol e Camus), i registi più ammirati (Buñuel, Rossellini, De Sica, Bresson, Fassbinder, ma ha pure citato altri nomi), soffermandosi anche sulle ragioni delle sue preferenze. Riferendosi alla violenza e all’ironia sempre presenti nei suoi film ha affermato: “Odio da sempre la violenza in tutte le sue forme; la metto in scena senza che lo spettatore possa goderne”, aggiungendo che “vivere senza morale è impossibile, e la morale non è possibile senza humor”. In diverse risposte ha lasciato chiaramente intendere la sua ostilità per il capitalismo e per il connesso consumismo che, mentre producono ingiustizia sociale e degradazione umana, comportano pure la corruzione della politica. Sul “lieto fine” che non raramente chiude i suoi film, precisa che lo utilizza per lasciare un margine di speranza agli spettatori, mitigando così il pessimismo che le brutture della realtà mostrata sullo schermo giustificherebbero ampiamente. Riguardo alla struttura e al linguaggio, peraltro non sempre uniformi, utilizzati nei suoi film, ha dichiarato che, tenendo anche presente la lezione del Neorealismo e di Bresson, si affida, molto più che ai dialoghi, appunto al realismo delle immagini, ma ricorrendo, nelle riprese e nel montaggio, a “procedimenti di sottrazione”, per cercare di arrivare in tal modo al massimo di essenzialità espressiva. Kaurismäki si è anche molto aperto sulla sua dimensione privata: ha rivelato gusti e idiosincrasie personali; ha ribadito valori e opzioni contenute nei suoi film (ad esempio, la sua ferma avversione alla misoginia), ha motivato alcune sue scelte esistenziali (come quella di lasciare il suo paese per stabilirsi in Portogallo, pur affermando di sentirsi “figlio della Finlandia nel bene e nel male”). Ha anche detto di essere “contento di non avere figli perché sarebbe angosciante pensare al futuro che li aspetterebbe”. L’Incontro con Kaurismäki, oltre ad avallare l’ammirazione per il regista determinata dalla visione dei suoi film, ha contribuito anche a creare molta simpatia nei confronti della persona, simpatia in più modi manifestata durante lo stesso Incontro e poi nel corso delle giornate festivaliere.


di Fabio Castelli
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